La meditazione Vipassana

 

Vipassana significa "vedere le cose come realmente sono". É una tecnica di meditazione buddhista nata in India più di 2500 anni fa. Fu creata da Buddha per guarire le sofferenze umane.

 

 

La Vipassana può essere fatta in tre modi – puoi scegliere quello che ti va meglio.

Il primo è: consapevolezza delle tue azioni, del tuo corpo, della tua mente, del tuo cuore. Cammini e dovresti farlo consapevolmente. Muovi una mano e lo fai con consapevolezza, sapendo perfettamente che stai muovendo la mano. La puoi muovere senza accorgertene, come una cosa meccanica. Stai facendo una passeggiata di mattina; puoi andare avanti a camminare, senza neppure accorgerti dei tuoi piedi. Sii consapevole dei movimenti del tuo corpo.

Mentre mangi, presta attenzione ai movimenti che sono necessari per mangiare. Quando ti fai la doccia, accorgiti della freschezza che provi, dall’acqua che scorre su di te, dell’enorme gioia che questo ti dà… basta che tu ne sia consapevole. Non dovrebbe continuare ad accadere in uno stato di inconsapevolezza. E lo stesso con la mente: qualsiasi pensiero passi sullo schermo della tua mente, osservalo e basta. Qualsiasi emozione passi sullo schermo del tuo cuore, rimani un semplice testimone – non lasciarti coinvolgere, non identificarti, non valutare quello che è bene e quello che è male; quello non è parte della tua meditazione. La tua meditazione deve essere consapevolezza senza scelte.

Un giorno riuscirai anche ad accorgerti di umori molto sottili: per esempio, come la tristezza si insedia dentro di te, proprio come fa la notte che a poco a poco si avvolge intorno al mondo, e come all’improvviso una piccola cosa ti rende gioioso.

Osserva soltanto. Non pensare: “Sono triste.” Sappi semplicemente che c’è tristezza intorno a te, che c’è gioia intorno a te. Che ti stai confrontando con certe emozioni, con certi stati d’animo. Ma tu ne sei sempre molto lontano: un osservatore sulla collina, mentre tutto il resto succede nella valle. Questo è uno dei modi in cui si può fare la Vipassana. E sento che per una donna questa è la maniera più facile, perché una donna è attenta al suo corpo, più di quanto non lo sia un uomo. È la sua natura. È più consapevole del suo aspetto, di come si muove, di come sta seduta; è sempre attenta a essere aggraziata. E non è solo un condizionamento; è qualcosa di naturale e di biologico. Ricorda: se è facile, è giusto.

Quando sarai entrata nella tua meditazione e la mente si sarà fatta silente, l’ego scomparirà. Tu sarai là, ma non ci sarà alcun “Io”. Le porte saranno aperte. Devi solo aspettare in un anelito pieno d’amore, con nel cuore un grande benvenuto a quel momento, il momento più grande nella vita di chiunque – l’illuminazione.

E arriva… arriva sicuramente. Non ha mai tardato di un solo minuto. Non appena tu sei nella sintonia giusta, improvvisamente ti esplode dentro, trasformandoti. Il vecchio uomo è morto ed è arrivato l’uomo nuovo.

 

 

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Ci sono centinaia di metodi di meditazione, ma forse la Vipassana è un caso unico; allo stesso modo, ci sono migliaia di mistici, ma Gautama il Buddha ha una sua propria originalità. Buddha è ineguagliabile e, sotto molti aspetti, ha fatto più lui per l’umanità che chiunque altro. Perché mi è venuto in mente Gautama il Buddha? Mi sono ricordato di lui, perché mi hai fatto una domanda sulla Vipassana. Questa è la meditazione per mezzo della quale Buddha raggiunse l’illuminazione.

La parola stessa vipassana in pali, la lingua usata da Buddha… egli sapeva perfettamente anche il sanscrito: essendo un principe aveva studiato i testi letterari più raffinati di quei giorni. Ma quando cominciò a parlare non usò mai il sanscrito, perché era la lingua degli intellettuali, dei bramini, dei preti, non del popolo. Non è mai stata una lingua viva. Ha una sua unicità fra tutte le lingue del mondo – la usavano solo le persone istruite, gli studiosi, per parlare tra loro, e a causa della sua incomprensibilità le masse sono state tratte in inganno: tradotta non contiene niente di speciale e qualche volta non vi si trovano altro che idiozie, ma ha un suono molto musicale. La sua costruzione è perfetta, più di ogni altra lingua del mondo. È assolutamente completa – l’alfabeto è di cinquantadue lettere, l’inglese ne ha solo ventisei, e quindi gli altri ventisei suoni non si trovano nella lingua inglese. Il sanscrito è ricco il doppio, perché può esprimere tutti i suoni possibili, non ha lasciato neppure un suono fuori dal suo alfabeto. Tiene conto delle più sottili sfumature – sono stati inclusi anche suoni molto difficili da pronunciare, suoni usati molto raramente, ma che è pur possibile usare. Ma Gautama il Buddha decise di parlare la lingua delle masse. Fu un passo rivoluzionario, perché la lingua usata dalle masse non è mai grammaticalmente corretta. Attraverso l’uso e il cambiamento di tono o suono fatti dalla gente comune, le parole diventano più semplici, non sono più complicate. Il pali è la lingua di persone semplici e in qualche modo innocenti e ignoranti. Vipassana è un loro termine. In sanscrito ha il suo corrispondente, che il popolo ha cambiato per convenienza. In sanscrito è vipashyana – che è un po’ difficile. Ma in pali è semplicemente vipassana. Il significato è lo stesso. Il significato letterale della parola è guardare, quello metaforico è osservare, testimoniare. Gautama il Buddha ha scelto una meditazione che si può dire essenziale. Tutte le altre meditazioni sono modi diversi di essere dei testimoni, ma il testimoniare è presente in tutte le meditazioni, come parte essenziale – non può essere evitato. Buddha ha cancellato ogni altra cosa e ha mantenuto solo la parte essenziale – il testimoniare.

Il testimoniare ha tre livelli successivi – Buddha è un pensatore molto scientifico. Comincia col corpo, perché è il più facile da osservare. È facile osservare la mia mano che si solleva. Posso osservarmi mentre cammino per la strada, posso esser testimone di ogni passo che faccio. Posso osservarmi mentre mangio.

Così il primo passo nella vipassana, il più facile, è la testimonianza delle azioni del corpo. Tutti i metodi scientifici cominciano sempre dalla cosa più semplice. E mentre osservi il corpo, sarai stupito delle nuove esperienze. Quando muovi una mano con attenzione, vigilanza, consapevolezza, sentirai una certa grazia, un certo silenzio nella mano. Puoi fare il movimento senza osservarlo: sarà più veloce, ma perderà la grazia. Buddha camminava molto lentamente, a tal punto che gli venne chiesto perché camminasse così. E lui rispose: “Fa parte della mia meditazione: camminare sempre come si cammina in inverno in un torrente freddo… lentamente, con attenzione, perché l’acqua è molto fredda; vigile, perché la corrente è molto forte, facendo attenzione a ogni passo, perché si può scivolare sulle pietre e finire nel torrente”.

Il metodo resta lo stesso, solo l’oggetto cambia a ogni livello. Il secondo passo è osservare la mente. Ora ti muovi in un mondo più sottile – osservi i tuoi pensieri. Se sei riuscito a osservare il tuo corpo, non ci sarà nessuna difficoltà. I pensieri sono onde sottili – onde elettroniche, onde radio – ma sono fatti di materia, proprio come il tuo corpo. Non sono visibili, come non lo è l’aria, ma l’aria è materia, come le pietre; così sono i tuoi pensieri, materiali ma invisibili. Questo è il secondo passo, il livello intermedio. Ti stai muovendo verso l’invisibilità, ma osservare i pensieri… è ancora una cosa materiale. L’unico requisito è non giudicare. Non giudicare, perché nel momento in cui cominci a giudicare, ti dimentichi di osservare. Non c’è niente contro il giudicare. La ragione per cui è proibito è che non appena cominci a giudicare – “Questo è un pensiero buono” – per quello spazio di tempo non stai osservando. Hai cominciato a pensare, ti sei coinvolto. Non sei rimasto distaccato, ai lati della strada, a guardare semplicemente il traffico. Non partecipare – sia lodando, che valutando o condannando – non ci dovrebbe essere nessun tipo di atteggiamento rispetto a quello che ti passa per la mente. Dovresti osservare i tuoi pensieri come nuvole che passano nel cielo. Tu non esprimi giudizi sulle nuvole – quella nuvola nera è molto cattiva, questa bianca sembra che sia saggia. Le nuvole sono nuvole, non sono né cattive, né buone.

Così sono i pensieri – una semplice onda sottile che ti attraversa la mente. Guardala senza giudizio, e sarai di nuovo molto sorpreso. Non appena la tua osservazione si sarà consolidata, i pensieri diminuiranno sempre più. La proporzione è esattamente la stessa: se ti sei stabilizzato a osservare al cinquanta per cento, allora il cinquanta per cento dei tuoi pensieri scomparirà. Se hai raggiunto il sessanta per cento di osservazione, allora ci sarà solo il quaranta per cento di pensieri. Quando sarai un testimone puro al novantanove per cento, solo ogni tanto ci sarà un pensiero solitario – l’uno per cento – che passa per la strada. Per il resto il traffico è scomparso; quel traffico da ora di punta non c’è più. Quando sarai senza giudizi al cento per cento, un puro testimone, vorrà dire che sei solo uno specchio, perché uno specchio non esprime mai giudizi. Una donna brutta si guarda – lo specchio non giudica. Una bella donna si specchia, non fa nessuna differenza. Nessuno si guarda allo specchio – lo specchio resta puro come quando qualcuno vi si riflette. Il riflettere qualcuno non lo turba, ma neppure il non riflettere.

Il testimoniare diventa uno specchio.

Questo è un grande traguardo nella meditazione. Sei arrivato a metà del percorso e hai superato la parte più difficile. Ora conosci il segreto, e basta applicare quello stesso segreto a oggetti diversi.

Dai pensieri, devi partire per esperienze più sottili – emozioni, sentimenti, stati d’animo… dalla mente al cuore, alle stesse condizioni: niente giudizi, puro testimoniare. E la sorpresa sarà che la maggior parte delle emozioni, dei sentimenti e degli stati d’animo dai quali sei posseduto… Per esempio, quando ti senti triste, diventi veramente triste, sei posseduto dalla tristezza. Quando ti senti arrabbiato, non è qualcosa di parziale. Diventi pieno di rabbia, ogni fibra del tuo essere trema di rabbia. Osservando il cuore, l’esperienza sarà che ora niente ti possiede. La tristezza viene e va; tu non diventi triste. La felicità viene e va; non diventi neppure felice. Qualsiasi cosa si muova negli strati profondi del tuo cuore, non ti influenza affatto. Per la prima volta provi il gusto di essere il padrone. Non sei più uno schiavo che può essere spinto avanti e indietro, di qua e di là, in una posizione in cui qualsiasi emozione, qualsiasi sentimento o persona ti può disturbare per una banalità.

La gente viene disturbata da qualunque sciocchezza, da cose senza senso. Qualcuno ti passa accanto strizzando l’occhio. Non ha fatto niente. L’occhio è suo e ha tutto il diritto di strizzarlo. È un suo diritto costituzionale. Nessuno può impedire a chicchessia di strizzare gli occhi – ma perché ti disturba? E se lui prende l’abitudine di strizzarti l’occhio ogni volta che ti incontra, cominci ad arrabbiarti. La nostra consapevolezza è così piccola che viene sovraccaricata e posseduta da qualsiasi cosa – sia esso uno stato d’animo, o un sentimento, o un’emozione.

Quando il testimoniare raggiungerà questo terzo stadio, per la prima volta sarai padrone di te stesso: niente ti disturberà, niente potrà sopraffarti, tutto resterà molto lontano… laggiù in fondo, e tu sarai in cima alla vetta. Questi sono i tre passi della Vipassana. La Vipassana ha diversi tipi di metodi – questo è uno. Perché il buddhismo si estese per tutta l’Asia orientale. In Estremo Oriente la Vipassana ha una struttura diversa; in Giappone si osserva l’addome, mentre si inspira e si espira. Ecco perché in Giappone le statue di Buddha hanno una pancia enorme. In India non ci sono statue di Buddha con la pancia; non è atletico, non è bello. Ma i Buddha giapponesi devono averla, perché il metodo della Vipassana consiste nel porre attenzione al movimento della pancia, non del torace. Il torace resta silente, immobile; solo la pancia va su quando si inspira e giù quando si espira. Osservarla è la Vipassana prevalente in Giappone.

A Ceylon ci sono due stadi: il primo è sempre osservare il respiro, non nella pancia, ma nel naso. Quando inspiri l’aria tocca le narici, osservala. E quando l’aria calda esce, osserva anche questo. Questo è il primo stadio. Il secondo: quando inspiri, c’è un intervallo, prima che il respiro torni fuori – un momento di riposo, alcuni secondi. Osserva quei pochi secondi, quando il respiro è fermo. Se riesci a osservare quei momenti, sarai capace di farlo anche quando il respiro è fuori. Quando il respiro esce, prima che rientri, c’è un breve intervallo – lo stesso di quando si inspira. Osserva anche quello, diventane semplicemente consapevole.

In Tibet hanno un altro metodo, in Corea un altro, in Cina un altro ancora, ma la cosa essenziale è essere un testimone. Quello che ho descritto in tre passi, è secondo me il più semplice, il più facile… chiunque può farlo. Non c’è bisogno di alcuna dottrina, disciplina o grande comprensione. E dopo questi tre passi viene l’esperienza reale. Questi tre passi ti conducono alla porta del tempio, che è aperta.

Quando sarai diventato un perfetto osservatore del tuo corpo, della tua mente e del tuo cuore, non potrai fare niente di più, devi solo aspettare. Quando la perfezione è completa a questi tre livelli, il quarto passo avviene da solo, come un premio. È un salto quantico, dal cuore all’essere, al vero centro della tua esistenza. Tu non puoi farlo; succede – devi ricordartelo. Non cercare di farlo, perché se cerchi di farlo certamente fallirai. È un evento spontaneo. Tu prepari i tre passi, il quarto passo è una ricompensa dell’esistenza stessa; è un salto quantico. Improvvisamente la tua forza vitale, il tuo essere un testimone, penetra nel centro stesso del tuo essere. Sei arrivato a casa.

Puoi chiamarlo autorealizzazione, puoi chiamarlo illuminazione, puoi chiamarlo liberazione suprema, ma al di là di questo non c’è più niente da raggiungere. Sei arrivato alla fine della tua ricerca, hai trovato la verità ultima dell’esistenza e la grande estasi che si porta dietro, come un’ombra, tutta intorno a sé.

Un ebreo e un irlandese stanno discutendo di sesso. L’irlandese dice che, secondo il suo prete, il sesso è un lavoro ed è inteso soltanto a procreare. “No” – dice l’ebreo – “il mio rabbi dice che il sesso è un piacere. Se fosse un lavoro, lo faremmo fare agli irlandesi.”

La meditazione non è un lavoro. La meditazione è pura beatitudine. Man mano che vai nel profondo, incontrerai spazi sempre più belli, luoghi sempre più luminosi. Sono il tuo tesoro… silenzi sempre più profondi, che non sono solo assenza di rumori, ma presenza di canzoni senza suono – musicali, vive e danzanti. Quando raggiungerai il punto estremo del tuo essere, il centro del ciclone, lì troverai dio, non come persona, ma come luce, come consapevolezza, come verità, come bellezza – come tutto quello che l’uomo ha sognato da secoli. E quei tesori sognati sono nascosti proprio dentro di lui. Non è una pratica ascetica, fastidiosa e tormentosa; è molto piacevole, musicale, poetica che procede diventando sempre di più gioia, pura e semplice gioia. Non è lavoro, è preghiera – l’unica preghiera che io conosca. Per me preghiera significa: quando hai raggiunto il tuo essere, senti una gratitudine enorme verso l’esistenza. Quella gratitudine è l’unica, reale, autentica preghiera; tutte le altre preghiere sono dei falsi, sono pseudo-preghiere, confezionate. Questa gratitudine sorgerà dentro di te, come la fragranza che emana dalle rose.

È un bene che tu abbia rinunciato alle domande infantili sul partner, sulla partner, sulle tue cosiddette relazioni; non conosci te stesso e vuoi metterti in relazione con l’altro!

È un bene che tu faccia domande sulla meditazione. Questo non solo ti porterà a una trasformazione, ma trasformerà anche le tue relazioni. Porterà anche un autentico traboccare d’amore, e solo allora potrai renderti conto che quello che avevi chiamato amore, non era amore; era semplice bramosia, desiderio biologico, che proveniva dai tuoi ormoni. Solo un meditatore conosce l’amore non biologico, che arriva come abbondanza spirituale, che contiene l’urgenza di condividere – perché più lo condividi, più ne hai.

Uno swami ebreo, Goldstein, porta fuori a cena una bellissima Ma. Vanno nel ristorante più caro di Pune e banchettano con spaghetti italiani, sushi giapponesi e vino francese. Per dessert scelgono una torta al cioccolato tedesca e, per finire, prendono caffè brasiliano. Quando il cameriere gli porta il conto, Goldstein scopre di aver lasciato a casa il portafogli. Così prende una foto di Osho e la porge al cameriere. “Cos’è questa?” chiede il cameriere. "La mia mastercard", risponde Goldstein.

La meditazione è la tua mastercard!

 

 

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Anche nel caso di Vipassana, la meditazione che ha portato Gautama il Buddha all’illuminazione, Osho ha studiato e sperimentato come questa antichissima tecnica di meditazione possa essere usata al meglio per rispondere alle particolari esigenze dell’uomo contemporaneo. Tanto per cominciare, avverte, in generale, di non praticarla per troppe ore al giorno, e soprattutto non di notte. Nei ritiri di Vipassana organizzati dalla Osho Multiversity a Pune, per esempio, ci si siede in Vipassana per 4/5 ore complessive al giorno, e questa tecnica è bilanciata dalla meditazione Dinamica (una tecnica catartica) al mattino e dalla meditazione Kundalini (una meditazione attiva) nel pomeriggio, alla fine delle sedute giornaliere. L’accento è posto sulla consapevolezza – sull’osservare pensieri ed emozioni come un testimone silenzioso, senza giudizi e senza tensioni – e non quindi sulla concentrazione e sullo sforzo.


“Qui la Vipassana è un’esperienza ricca di contenuti; non è qualcosa di arido. Ho delle critiche da fare alla Vipassana che viene praticata in alcuni paesi buddhisti. L’hanno resa arida come un deserto; non produce niente, nulla fiorisce, non c’è neanche un po’ di verde; è tutto troppo serio. Voglio che voi impariate la meditazione come un gioco, con gioia.” Osho


Un’altra parte fondamentale è che la Vipassana secondo Osho non finisce quando ci si alza dalla seduta. Si cammina in Vipassana, si mangia in Vipassana, si è consapevoli di ogni cosa che si sta facendo, senza perdersi in pensieri, o in altre attività – si vive ogni cosa totalmente.


“Puoi forzarti a sedere in silenzio e a rimanere sveglio. Ma io non insegno quel tipo di Vipassana. Insegno una Vipassana che ti segue come un’ombra, che nasce dal tuo vivere totalmente.” Osho